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Somministrazione di lavoro: flessibilità e sicurezza premiano il contratto anche dopo le “tutele crescenti”


Ordine Informa

Con la normativa sulle tutele crescenti e gli incentivi per le assunzioni a tempo indeterminato, è ancora conveniente fare ricorso alla somministrazione di manodopera? Se si usa come unico metro di giudizio il costo economico, la risposta rischia di essere negativa, ma forse è incompleta. La somministrazione, infatti, sicuramente costa di più di altre fattispecie contrattuali, ma garantisce una combinazione flessibilità gestionale  e normativa molto interessante. Il vantaggio più rilevante che offre la somministrazione, quale che sia la forma utilizzata, è di tipo gestionale: i lavoratori sono impiegati dall’utilizzatore, ma tutti gli adempimenti – quelli antecedenti alla costituzione del rapporto (selezione, formazione, comunicazioni obbligatorie) e quelli successivi all’assunzione (buste paga, obblighi previdenziali, ecc.) – sono curati dall’Agenzia per il lavoro. Ci sono poi vantaggi specifici, di carattere normativo, che cambiano in relazione alle divese forme utilizzate.

Partiamo dalla forma di contratto più diffusa, la somministrazione a termine. Il contratto si può usare, dopo la riforma del 2014, per un periodo massimo di 36 mesi, senza necessità di indicare le “causali”, e senza necessità di effettuare comunicazioni alla scadenza. Questo vantaggio è simile a quello che fruisce chi utilizza lavoratori a tempo determinato; tuttavia, la normativa vigente riconosce in favore delle imprese che utilizzano la somministrazione una maggiore flessibilità rispetto al rapporto a termine diretto. Le proroghe per la somministrazione possono essere 6 per ciascun contratto, al contrario di quanto accade per i rapporti a termine (massimo 5, come tetto complessivo, anche se i contratti sono diversi). Inoltre, per i lavoratori assunti mediante contratto di somministrazione non esiste il diritto di precedenza, al contrario di quanto accade per quelli assunti a termine. Altra differenza sostanziale riguarda i limiti quantitativi: per la somministrazione a termine valgono solo quelli previsti dai contratti collettivi (se esistono, altrimenti non c’è limite quantitativo), mentre per il lavoro a tempo determinato si applica la regola generale del 20%, con facoltà per gli accordi collettivi di prevedere un tetto differente. Anche la somministrazione a tempo indeterminato offre dei rilevanti vantaggi gestionali e normativi. Chi utilizza questa forma contrattuale può avvalersi dei lavoratori somministrati fino a quando ne ha effettivamente bisogno; quando questo bisogno viene meno, il rapporto si può interrompere immediatamente, e il compito di gestire la ricollocazione professionale o l’eventuale interruzione del rapporto di lavoro viene gestito dall’Agenzia per il lavoro. Il quadro delle convenienze non sembra destinato a cambiare con il “codice dei contratti”, lo schema di riforma presentato dal Governo il 20 febbraio scorso. Per la somministrazione a termine ci sono piccole sbavature che sembrano derivare da una poca attenzione, più che dalla reale volontà di ridurre degli spazi di flessibilità ormai acquisiti, e quindi paiono destinate ad essere corrette. Per la somministrazione a tempo indeterminato si profila una grande novità, la cancellazione della norma che consente l’utilizzo di tale contratto solo in alcuni settori (anche se si ipotizza di bilanciare l’innovazione con un limite quantitativo). Infine, non bisogna dimenticare che, anche per le agenzie per il lavoro, si applicano sia le norme sugli incentivi contributivi previste dalla legge di stabilità, sia quelle sui licenziamenti previste per il c.d. contratto a tutele crescenti.


(Fonte: Lavoro&Impresa) 


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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