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La riforma dei reati fiscali segna un confine sulla prova dell’omissione contributiva. Per i fatti commessi prima del 22 ottobre 2015, data di entrata in vigore del dlgs 158/2015 di riforma, la prova dell’omesso versamento delle ritenute non può venire dalla sola verifica del modello 770, servendo invece anche altri riscontri, come la certificazione rilasciata dal sostituto d’imposta. Dopo quella data, invece, ai fini del riscontro dell’omissione, è sufficiente che questa emerga o dal modello 770 o dalla certificazione del datore. Così la Cassazione che, con sentenza 10104 di ieri, ha accolto il ricorso di un imprenditore accusato di aver evaso oltre 257 mila euro di contributi. A cambiare le carte in tavola sorpassando i diversi orientamenti assunti in sede di legittimità in questi ultimi mesi sono state le modifiche all’articolo introdotte dal dlgs 158 all’art. 10 bis del dlgs 74/2000: «è punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta le ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituti, per un ammontare superiore a cinquantamila euro per ciascun periodo d’imposta». Dunque per la terza sezione penale l’interpolazione normativa deve ritenersi innovativa della fattispecie legale, con un ampliamento della tipicità che, necessariamente, non può avere efficacia retroattiva. L’attuale formulazione dell’art. 10 bis, insomma, comprende nel perimetro di tipicità della fattispecie penale l’omesso versamento delle ritenute, sia quelle risultanti dalle certificazioni rilasciate ai sostituiti, sia quelle risultanti dalla dichiarazione trasmessa alle Entrate (Mod. 770). La portata innovativa della novella, peraltro, sembra offuscare la distinzione – sottolineata anche dalle s.u. nella c.d. sentenza Favellato – tra illecito amministrativo (avente ad oggetto l’omesso versamento di ritenute) e illecito penale (avente ad oggetto l’omesso versamento delle ritenute certificate e superiori alla soglia legale), lasciando soltanto la soglia di rilevanza penale – ora elevata ad € 150.000,00 – a delimitare il confine; con un verosimile riflesso sui problemi interpretativi in tema di c.d. «doppio binario» sanzionatorio e divieto del bis in idem originati dalla recente giurisprudenza della Corte di Strasburgo. Ma non solo.
(Autore: Debora Alberici)
(Fonte: ItaliaOggi)