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Nullità del licenziamento per cause camuffate


Ordine Informa

La Corte di cassazione, con l’ordinanza 18547/2024, in relazione ad un lavoratore – nei cui confronti era stato avviato un procedimento disciplinare per essersi opposto alla trasformazione del rapporto in uno a tempo parziale – il quale era stato, poi licenziato per giustificato motivo oggettivo per asserita crisi aziendale, ha stabilito che detto licenziamento, seppur camuffato da altre ragioni come il g.m.o, viene intimato a seguito del rifiuto del lavoratore di accettare la proposta di trasformazione del rapporto di lavoro da part time a full time (o viceversa), è da ritenersi a tutti gli effetti ritorsivo e, come tale, rientrante tra i casi di nullità che conducono alla tutela reintegratoria. Pertanto da una parte il licenziamento motivato dal rifiuto della trasformazione del rapporto di lavoro va ritenuto ingiustificato, dall’altra, quello intimato a seguito di tale rifiuto e (mal) giustificato da una crisi aziendale insussistente è da considerarsi ritorsivo in quanto nasconde, dietro un’asserita crisi, «una ingiusta ed arbitraria reazione a un comportamento legittimo del lavoratore, che attribuisce al licenziamento il connotato della vendetta». Ciò premesso, conclude la Cassazione, al licenziamento ritorsivo, la cui nullità non è oggetto di esplicita previsione di legge, si applica la tutela reintegratoria prevista dall’articolo 2, comma 1, del Dlgs 23/2015, avendo la Corte costituzionale, con la sentenza 22/2024, definitivamente escluso, quanto al regime del licenziamento nullo, la distinzione tra «nullità espresse e nullità che tali non sono», fugando «ogni residuo dubbio in proposito».

(Autore: AMS)

(Fonte: Il Sole 24Ore)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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