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Con il Consiglio dei Ministri del 4 settembre il Governo ha dato il via libera definitivo al Decreto Legislativo sul riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali in costanza di rapporto di lavoro in attuazione del Jobs Act.
Le disposizioni contenute nel decreto attuativo sono improntate a tre obiettivi:
Inclusione di lavoratori e imprese;
Semplificazione e certezze per le imprese;
Razionalizzazione delle integrazioni salariali.
In attesa della pubblicazione del Decreto in Gazzetta Ufficiale che comporterà l’entrata in vigore della nuova normativa ecco di seguito il sunto delle novità pubblicate sul sito del Governo a seguito della Conferenza stampa del Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, Giuliano Poletti e del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti.
Inclusione di lavoratori e imprese
Il decreto rende strutturale la NASpI a 24 mesi per sempre. La NASpI, la nuova indennità in vigore dal 1 maggio 2015, è uno dei sussidi di disoccupazione più inclusivi d’Europa: oltre il 97% degli assicurati la ottiene, se perde il lavoro. Rispetto alle indennità precedenti (ASpI e miniASpI), il 70% dei beneficiari ottiene una prestazione che dura almeno un mese in più di prima. Inoltre, come ripetutamente affermato dal governo, il decreto introduce una salvaguardia, per il solo 2015, della durata della NASpI con riferimento ai lavoratori stagionali del settore del turismo e degli stabilimenti termali.
Il decreto mette a regime e rende strutturali (cioè finanzia per sempre) altre importanti misure di politica sociale:
le misure di conciliazione dei tempi di cura, di vita e di lavoro (tra le quali l’estensione del congedo parentale);
l’assegno di disoccupazione (ASDI), che fornisce un reddito sino a sei mesi ai beneficiari di NASpI con figli minori o ultracinquantacinquenni che esauriscono il sussidio senza avere trovato lavoro e hanno un Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) inferiore a 5.000 euro all’anno;
il fondo per le politiche attive del lavoro.
Infine, il decreto estende le integrazioni salariali in caso di riduzione o sospensione dell’orario di lavoro a 1.400.000 lavoratori e 150.000 datori di lavoro in precedenza esclusi da queste tutele. Questo risultato viene ottenuto estendendo la cassa integrazione agli apprendisti assunti con contratto di apprendistato professionalizzante e includendo nei fondi di solidarietà tutti i datori di lavoro che occupano più di 5 dipendenti, anziché, come in precedenza, più di 15.
Semplificazione e certezze per le imprese
Il decreto introduce un unico testo normativo di 47 articoli per la cassa integrazione e per i fondi di solidarietà, abrogando oltre 15 leggi e norme stratificatesi negli ultimi 70 anni, dal 1945 a oggi. Ciò costituisce una semplificazione enorme per imprese, consulenti e potenziali investitori esteri: la disciplina delle integrazioni salariali è contenuta in un unico testo.
Questo lavoro è stato completato anche grazie alla collaborazione con le commissioni parlamentari di Camera e Senato. Il Governo ha accolto la maggior parte delle osservazioni del Parlamento, su questo come su tutti gli altri aspetti del decreto.
Viene inserita nel decreto la disciplina della solidarietà espansiva, attualizzandola all’ordinamento giuridico vigente, rendendo così più agevoli eventuali interventi futuri in materia.
Con il decreto si realizza anche una maggiore certezza per le imprese e per lo Stato: si prevede che l’impresa provveda al conguaglio delle integrazioni pagate ai lavoratori o ne richieda il rimborso entro 6 mesi dalla fine del periodo di cassa integrazione.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione ordinaria (CIGO), il decreto prevede una semplificazione delle procedure di autorizzazione, con l’abolizione delle commissioni provinciali e l’autorizzazione dei trattamenti direttamente da parte dell’INPS. La domanda di CIGO deve avvenire entro 15 giorni dall’avvio della riduzione o sospensione.
Per quanto riguarda la Cassa integrazione straordinaria (CIGS), sono introdotte varie semplificazioni.
Semplificazione procedure di consultazione sindacale:
all’atto della comunicazione alle associazioni sindacali, viene meno l’obbligo per l’impresa di comunicare i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e le modalità di rotazione;
per quanto riguarda i criteri di scelta e rotazione, viene stabilito che la congruità dei criteri di scelta si valuta sulla coerenza con le ragioni per cui viene richiesto l’intervento;
vengono abrogate le norme sulla rotazione, complicatissime e di difficile attuazione, e le sanzioni che ne conseguivano. D’ora in poi, le sanzioni (semplificate) si applicano solo per il mancato rispetto delle modalità di rotazione concordate nell’esame congiunto.
Semplificazione procedure autorizzazione:
sarà possibile richiedere CIGS per tutto il periodo necessario (direttamente 24 mesi per riorganizzazione). Per i contratti di solidarietà (che diventano una causale di CIGS, prendendone tutte le regole), anche 36 mesi di fila in presenza di determinate condizioni (vedi oltre).
Certezza dei tempi:
la CIGS parte 30 giorni dopo la domanda (per le richieste presentate a decorrere dal 1 novembre 2015).
Semplificazione dei controlli:
un unico controllo tre mesi prima della fine del periodo di cassa.
Il decreto consente infine di partire effettivamente con i fondi di solidarietà destinati a fornire le integrazioni salariali a datori di lavoro e loro lavoratori non coperti dalla cassa integrazione. Qui gli interventi e le semplificazioni sono tali da suggerire una trattazione apposita, nella scheda al fondo.
Razionalizzazione delle integrazioni salariali
Viene prevista una revisione della durata massima complessiva delle integrazioni salariali: per ciascuna unità produttiva, il trattamento ordinario e quello straordinario di integrazione salariale non possono superare la durata massima complessiva di 24 mesi in un quinquennio mobile. Utilizzando la CIGS per causale contratto di solidarietà tale limite complessivo può essere portato a 36 mesi nel quinquennio mobile, perché la durata dei contratti di solidarietà viene computata nella misura della metà per la parte non eccedente i 24 mesi e per intero per la parte eccedente.
Esempi:
12 mesi di CIGO+12 mesi di CIGS (es. riorganizzazione): stop a 24 mesi
12 mesi di CIGO+24 mesi di CDS (Contratto di Solidarietà): ok 36 mesi
12 mesi di CIGS (es. crisi)+24 mesi di CDS: ok 36 mesi
36 mesi di CDS: ok
12 mesi di CIGO+12 mesi di CDS: possibili altri 6 mesi di CIGO/ CIGS oppure altri 12 mesi di CDS
Nel settore edile, la durata massima complessiva della cassa ordinaria e straordinaria è stabilito in 30 mesi per ciascuna unità produttiva, in considerazione delle specificità di tale settore che tipicamente non consentono l’utilizzo dei contratti di solidarietà.
Il decreto prevede un meccanismo di responsabilizzazione delle imprese attraverso le aliquote del contributo d’uso (contributo addizionale). Viene infatti previsto un contributo addizionale del 9% della retribuzione persa per i periodi di cassa (cumulando CIGO, CIGS e contratti di solidarietà) sino a un anno di utilizzo nel quinquennio mobile; del 12% sino a due anni e del 15% sino a tre. Il contributo addizionale non è dovuto nei casi di eventi oggettivamente non evitabili.
A fronte di questo incremento progressivo del contributo addizionale, viene introdotta per la CIGO una riduzione generalizzata del 10% sul contributo ordinario pagato su ogni lavoratore (la CIGS è strutturalmente a carico della fiscalità generale). L’aliquota del contributo ordinario pagato da tutte le imprese indipendentemente dall’utilizzo della cassa passa quindi dall’1,90% all’1,70% della retribuzione per le imprese fino a 50 dipendenti; dal 2,20% al 2% per quelle sopra i 50; dal 5,20% al 4,70% per l’edilizia.
Viene previsto, sia per la CIGO che per la CIGS, il divieto di autorizzare l’integrazione salariale per tutte le ore lavorabili da tutti i lavoratori per tutto il periodo disponibile. In sostanza viene introdotto il divieto della cassa a zero ore per tutto il personale per tutto il periodo di cassa disponibile. Tale divieto, che per la CIGS non si applica per i primi 24 mesi dall’entrata in vigore del decreto, serve anche a favorire la rotazione nella fruizione del trattamento di integrazione salariale, nonché il ricorso alla riduzione dell’orario di lavoro rispetto alla sospensione.
Per la CIGS, il decreto razionalizza la disciplina delle causali di concessione del trattamento. L’intervento straordinario di integrazione salariale può essere concesso per una delle seguenti tre causali:
riorganizzazione aziendale (che riassorbe le attuali causali di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale), nel limite di 24 mesi in un quinquennio mobile;
crisi aziendale, nel limite di 12 mesi in un quinquennio mobile. A decorrere dal 1° gennaio 2016, non può più essere concessa la CIGS nei casi di cessazione dell’attività produttiva dell’azienda o di un ramo di essa. Viene previsto tuttavia un fondo di 50 milioni di euro per ciascuno degli anni 2016, 2017 e 2018, che consente la possibilità di autorizzare, previo accordo stipulato in sede governativa, un ulteriore intervento di integrazione salariale straordinaria per una durata massima rispettivamente di dodici mesi nel 2016, nove nel 2017 e sei nel 2018, qualora al termine del programma di crisi aziendale l’impresa cessi l’attività produttiva, ma sussistano concrete prospettive di rapida cessione dell’azienda e di un conseguente riassorbimento occupazionale;
contratto di solidarietà, sino a 24 mesi in un quinquennio mobile, che possono diventare 36 se l’impresa non utilizza CIGO o altre causali di CIGS nel quinquennio. Gli attuali contratti di solidarietà di tipo “A”, previsti per le imprese rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS, diventano quindi una causale di quest’ultima e ne mutuano integralmente le regole in termini di misura della prestazione e di contribuzione addizionale. La riduzione media oraria non può essere superiore al 60 per cento dell’orario giornaliero, settimanale o mensile dei lavoratori interessati al contratto di solidarietà. Viene inoltre previsto, a tutela del lavoratore, che per ciascun lavoratore, la percentuale di riduzione complessiva dell’orario di lavoro non può essere superiore al 70 per cento nell’arco dell’intero periodo per il quale il contratto di solidarietà è stipulato.
Infine, il decreto introduce meccanismi di attivazione dei beneficiari di integrazioni salariali e condizionalità delle prestazioni: nello specifico, i lavoratori beneficiari di integrazioni salariali (cassa integrazione o fondi di solidarietà) per i quali è programmata una sospensione o riduzione superiore al 50% dell’orario di lavoro nell’arco di un anno sono convocati dai centri per l’impiego per la stipula di un patto di servizio personalizzato. Questo patto di servizio, come previsto dal decreto sulle politiche attive, è più leggero di quello rivolto ai disoccupati, ed è volto in primo luogo a fornire iniziative di formazione e riqualificazione, anche in concorso con le imprese e i fondi interprofessionali.
Transizione
Il decreto prevede una transizione alle nuove disposizioni. Di seguito gli aspetti più rilevanti.
Le nuove regole si applicano solo ai trattamenti richiesti a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto. Ai trattamenti pregressi si applicano le norme previgenti, e le loro durate si computano ai fini del limite massimo di durata complessiva nel quinquennio mobile solo per il periodo successivo alla data di entrata in vigore del decreto. In altri termini, nel nuovo quinquennio mobile non si computano i periodi fruiti in passato: si riparte da zero. Quindi i nuovi limiti di durata incidono dalla fine del 2017, non prima.
Il divieto delle zero ore di CIGS per tutti per l’intero periodo autorizzato entra in vigore solo fra 2 anni (a fine 2017).
Gli accordi sindacali conclusi prima dell’entrata in vigore del decreto (anche se la cassa non è ancora stata autorizzata) restano validi anche qualora prevedano durate maggiori. I periodi fruiti dall’entrata in vigore del decreto si computano però ai fini dei nuovi limiti.
La disposizione che prevede che la domanda di CIGS debba avvenire 30 giorni prima dell’avvio della riduzione o sospensione si applica ai trattamenti straordinari di integrazione salariale richiesti a decorrere dal 1° novembre 2015, così da dare modo alle imprese di adeguarsi al nuovo regime.
Per gli accordi conclusi e sottoscritti in sede governativa entro il 31 luglio 2015, riguardanti casi di rilevante interesse strategico per l’economia nazionale che comportino notevoli ricadute occupazionali, tali da condizionare le possibilità di sviluppo economico territoriale, e il cui piano industriale abbia previsto l’utilizzo di trattamenti straordinari di integrazione salariale oltre i limiti di durata previsti dal decreto, su domanda di una delle parti firmatarie dell’accordo, ed entro il limite di spesa di 90 milioni di euro per l’anno 2017 e di 100 milioni di euro per l’anno 2018, può essere autorizzata, con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, la prosecuzione dei trattamenti di integrazione salariale per la durata e alle condizioni certificate da un’apposita commissione istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.
Disposizioni in materia di fondi di solidarietà bilaterali
I principali interventi riguardano:
l’obbligo di estendere entro il 31 dicembre 2015 i fondi di solidarietà bilaterali per tutti i settori che non rientrano nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente l’obbligo è previsto in relazione ai datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti);
la previsione che, a decorrere dal 1° gennaio 2016, il fondo di solidarietà residuale (ossia il fondo che opera per tutti i settori i quali, oltre a non rientrare nell’ambito di applicazione delle integrazioni salariali ordinarie o straordinarie, non abbiano costituito fondi di solidarietà bilaterali) assume la denominazione di Fondo di Integrazione Salariale ed è soggetto a una nuova disciplina. Gli aspetti salienti di tale nuova disciplina sono i seguenti:
rientrano nell’ambito di applicazione del Fondo di Integrazione Salariale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 dipendenti (attualmente, invece, rientrano nell’ambito di applicazione del fondo di solidarietà residuale i datori di lavoro che occupano mediamente più di 15 dipendenti), a fronte del pagamento di un’aliquota dello 0,45% della retribuzione a partire dal 2016 (per le imprese oltre i 15 dipendenti, l’aliquota sarà dello 0,65%);
il Fondo di Integrazione Salariale garantisce, a decorrere dal 1° gennaio 2016, l’erogazione di una nuova prestazione, ossia l’assegno di solidarietà. Si tratta di una integrazione salariale corrisposta – per un periodo massimo di 12 mesi in un biennio mobile – ai dipendenti di datori di lavoro che stipulano con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative accordi collettivi aziendali che stabiliscono una riduzione dell’orario di lavoro, al fine di evitare o ridurre le eccedenze di personale o di evitare licenziamenti plurimi individuali per giustificato motivo oggettivo: tale nuova prestazione sostituisce i contratti di solidarietà di tipo “B”, ossia quelli stipulati dalle imprese non rientranti nell’ambito di applicazione della CIGS. I datori di lavoro che occupano mediamente più di 5 e fino a 15 dipendenti possono richiedere l’assegno di solidarietà per gli eventi di sospensione o riduzione di lavoro verificatisi a decorrere dal 1° luglio 2016;
nel caso di lavoratori che occupano mediamente più di 15 dipendenti, il Fondo di Integrazione Salariale garantisce l’ulteriore prestazione consistente nell’assegno ordinario, per una durata massima di 26 settimane in un biennio mobile, in relazione alle causali di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa previste dalla normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie (ad esclusione delle intemperie stagionali) e straordinarie (limitatamente alle causali per riorganizzazione e crisi aziendale);
revisione della disciplina dell’assegno ordinario corrisposto dai fondi di solidarietà bilaterali: i fondi (diversi dal fondo di integrazione salariale) stabiliscono la durata massima della prestazione, non inferiore a 13 settimane in un biennio mobile e non superiore, a seconda della casuale invocata, alle durate massime previste per la CIGO e la CIGS (attualmente, invece, l’assegno ordinario, a prescindere dalla causale invocata, non può eccedere la durata massima prevista per la CIGO);
introduzione di requisiti di competenza ed assenza di conflitto di interesse per gli esperti designati dalle organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori, quali membri dei comitati amministratori dei fondi di solidarietà bilaterali (ivi compreso il fondo di integrazione salariale);
introduzione di requisiti di onorabilità per tutti i membri dei comitati amministratori del Fondo di Integrazione Salariale e dei fondi di solidarietà bilaterali;
la previsione che, se i comitati amministratori dei vari fondi non sono costituiti entro il 30 novembre 2015, il Ministro del lavoro nomini un commissario straordinario, così da garantire l’avvio del sistema dei fondi a decorrere dal 1 gennaio 2016;
la previsione che, entro il 31 dicembre 2015, i fondi bilaterali alternativi al sistema sin qui descritto, operanti nei settori della somministrazione di lavoro e dell’artigianato eroghino almeno una prestazione tra l’assegno ordinario per 13 settimane nel biennio o l’assegno di solidarietà per 26 settimane nel biennio, prevedendo un’aliquota di contribuzione al fondo dello 0,45% (diviso tra azienda e lavoratore secondo un accordo lasciato alle parti sociali). Tali fondi, così come i fondi di solidarietà bilaterali, possono inoltre erogare prestazioni integrative rispetto alle prestazioni di disoccupazione, oppure nel quadro dei processi di agevolazione all’esodo dei lavoratori prossimi all’età di pensionamento. Al settore della somministrazione di lavoro è data la possibilità di utilizzare quota parte del contributo al fondo Formatemp, previsto dal dlgs 276 del 2003, per il versamento del contributo al fondo di solidarietà. In tal caso, il contributo può essere posto interamente a carico del datore di lavoro e l’aliquota di contribuzione non può essere inferiore allo 0,30%;
L’introduzione della possibilità per le Province autonome di Trento e Bolzano di sostenere l’istituzione di un fondo di solidarietà territoriale intersettoriale cui, salvo diverse disposizioni, si applica la disciplina prevista per i fondi di solidarietà bilaterali di cui all’articolo 26 del decreto.
(Fonte: Lavoro e Diritti)