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L’abuso di diritto, sinonimo dell’elusione fiscale, sarà sanzionato solo amministrativamente, con l’onere della prova in capo all’amministrazione finanziaria. Al contribuente spetterà il compito di dimostrare il vantaggio extra fiscale in vista dei quali ha compiuto l’operazione. Il consiglio dei ministri, dopo una serie di stop and go ha approvato ieri in prima lettura il decreto legislativo sulla certezza del diritto che contiene la codificazione nel nostro ordinamento del principio dell’abuso di diritto. Ora il testo, che per essere approvato in tempi certi ha perso per strada la riforma dei reati tributari, sarà inviato alle commissioni parlamentari per i prescritti pareri. Il decreto legislativo inserisce, dunque, un nuovo articolo, il 10-bis, innestato nello statuto del contribuente (legge 212/2000). In conferenza stampa, ieri, il ministro dell’economia Pier Carlo Padoan ha spiegato le ragioni della norma nel «delineare con certezza la condotta contestabile dal contribuente e cioè fornire margini chiari entro i quali operare senza incorrere nella violazione involontaria dello spirito delle norme fiscali». L’onere della prova resterà a capo dell’amministrazione finanziaria mentre «il contribuente deve dimostrare il vantaggio extra fiscale in vista del quale ha compiuto l’operazione» ha spiegato Padoan che ha aggiunto: «ricordo che comportamenti che riguardano frode, reati tributari, e evasione presentano rilevanza penale. Nel caso dell’abuso del diritto il regime sanzionatorio è di tipo amministrativo e quindi non penale.» Delineando dunque una netta spartizione tra le condotte elusive e quelle evasive. Sono tre i presupposti della condotta dell’abuso di diritto: l’assenza di sostanza economica delle operazioni effettuate, la realizzazione di un vantaggio fiscale indebito e la circostanza che il vantaggio è l’effetto essenziale dell’operazione. In particolare per configurare l’abuso di diritto deve sussistere la violazione della ratio dell enorme o dei principi generali dell’ordinamento.