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Casse di previdenza dei professionisti come bancomat dello Stato. Sale dal 10 al 15% il taglio delle spese (su consulenze, missioni, acquisto di beni strumentali etc) che gli enti sono chiamati ad applicare e quindi versare allo stato. Complessivamente si tratterà di un impegno di circa 3,5 milioni di euro da sommarsi ai già stimati 7 milioni annui a fondo perduto che già versano ogni 30 giugno per effetto della legge 135/2012, nota meglio come spending review. L’ultimo aumento è contenuto nel decreto 66/2014, attualmente all’esame della commissione bilancio del Senato per la conversione in legge entro il 23 giugno, anche se passato letteralmente inosservato. Coperto dalle polemiche per un’altra misura a danno dei risparmi dei professionisti: l’inasprimento della tassazione (dal 20 al 26%) delle rendite finanziarie che, se non modificato, comporterà un esborso di almeno 100 milioni in più all’erario rispetto al passato. Resta, infatti, al momento solo un annuncio l’impegno del governo a distinguere i rendimenti dei fondi speculativi da quelli pensionistici. A pesare sulle scelte dell’esecutivo, infatti, c’è il problema di reperire altrove i fondi per le coperture di misure quali quella del bonus di 80 euro in busta paga per i lavoratori con reddito complessivo compreso tra 8.000 e 26.000 euro.
Fonte (ItaliaOggi)