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La normativa sulle “tutele crescenti” si applica verso quei dipendenti che prima del 7 marzo 2015 già lavoravano in azienda, ma sono diventati titolari di un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato solo da quella data in poi.
L’ipotesi più comune in cui si applica questo principio è la trasformazione a tempo indeterminato di un rapporto a termine: le tutele crescenti si applicano sia nel caso in cui il rapporto a tempo indeterminato sia attivato solo dopo che è scaduto il contratto a tempo precedente, sia nel caso di trasformazione senza soluzione di continuità (ma questa opzione sarebbe da evitare; la legge sembra ammettere la fattispecie ma non manca chi evidenzia delle criticità al riguardo). Il principio opera diversamente se la trasformazione del rapporto non avviene per volontà delle parti, ma sulla base di un provvedimento giudiziale. In questo caso, bisogna verificare con precisione il momento dal quale la sentenza fa decorrere la conversione: solo se la data è uguale o successiva al 7 marzo 2015, si può applicare la nuova disciplina.
Nel caso dell’apprendistato, il decreto sulle tutele crescenti mostra qualche incertezza definitoria (una delle poche del testo, invero) che potrebbe creare problemi in fase applicativa.
L’art. 1, comma 2 del d.lgs. n. 23/2015 stabilisce, infatti, che rientrano nel campo di applicazione delle tutele crescenti anche i casi di “conversione” a tempo indeterminato dei rapporti di apprendistato.
Questa frase non è molto precisa: il rapporto di apprendistato non si può convertire a tempo indeterminato, perché nasce dal primo giorno come tale (lo afferma chiaramente l’art. 1 del Testo Unico Apprendistato, il d.lgs. n. 167/2011).
Probabilmente, il legislatore fa riferimento all’ipotesi in cui il datore, al termine del periodo di formazione, rinunci ad esercitare il diritto di recesso, decidendo di proseguire il rapporto.
In questa ottica, dovrebbero rientrare nel campo di applicazione della riforma quei contratti di apprendistato il cui periodo formativo scade dal 7 marzo 2015, rispetto ai quali il datore di lavoro ha rinunciato o rinuncerà ad esercitare la facoltà di disdetta.
La disposizione crea anche un altro interrogativo. La legge delega che ha dato vita alla riforma prevede l’applicazione delle tutele crescenti solo verso i “nuovi assunti” a tempo indeterminato; come si possono includere in questa categoria gli apprendisti che prima del 7 marzo erano in azienda, con un contratto – l’apprendistato – a tempo indeterminato?
Sempre con riferimento al contratto di apprendistato, è stato sollevato il dubbio circa l’applicabilità delle tutele crescenti ai licenziamenti intimati nei confronti dell’apprendista, prima della fine del periodo formativo.
Secondo un’interpretazione, l’apprendistato sarebbe un rapporto di lavoro speciale e, in quanto tale, non sarebbe soggetto alla riforma dei licenziamenti, che si applicherebbe solo al lavoro subordinato “ordinario”.
Secondo una diversa lettura, la specialità dell’apprendistato attiene, essenzialmente, alla causa formativa del rapporto; per tutti gli altri aspetti, l’apprendistato è pienamente soggetto alle regole ordinarie, ivi comprese quelle che disciplinano i licenziamenti, e quindi le tutele crescenti si applicano anche agli apprendisti (ovviamente, solo per i nuovi assunti).
Questa seconda interpretazione sembra trovare conferma nel Testo Unico Apprendistato, il quale sancisce espressamente l’applicazione della disciplina generale sui licenziamenti illegittimi.
(Fonte: Lavoro&Impresa)