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Il Decreto Lavoro ha introdotto una franchigia sull’obbligo delle causali


Ordine Informa

In riferimento al contratto a tempo determinato, l’articolo 24, comma 1-ter, della legge 85/2023 di conversione del decreto Lavoro, disciplina il criterio di computo del termine di 12 mesi entro il quale è possibile prorogare o rinnovare il contratto a tempo determinato (Ctd) senza dover ricorrere alla causale. Un arco temporale che costituisce una sorta di “area franca” dalle causali che devono essere previste anche per rinnovi e proroghe.

L’obiettivo della norma è di mitigare il criterio di computo dei 12 mesi per favorire i rinnovi e le proroghe dei Ctd  neutralizzando – ai fini del predetto computo – i periodi di proroga o rinnovo convenuti tra le parti antecedentemente al 5 maggio (data di entrata in vigore del DL 48/2023), anche se il Ctd (rinnovato o prorogato) fosse in corso di svolgimento dopo tale data.

La norma,  prevede che, ai fini del computo dei 12 mesi di franchigia dalle causali, si debba tener conto soltanto delle proroghe e dei rinnovi convenuti tra datore e prestatore di lavoro dalla data del 5 maggio, restando irrilevante quanto convenuto (e quindi svoltosi) tra le parti precedentemente.

Inoltre, la formula utilizzata dal legislatore «soli contratti stipulati» non sembra limitare la portata della norma soltanto ai nuovi contratti, ossia ai rinnovi stipulati a far data dal 5 maggio, ma include anche le proroghe dei Ctd che sono in corso al 5 maggio o che saranno successivamente stipulati.

Questa interpretazione si fonda sulle seguenti ragioni:

1)  il comma 1-ter richiama – per il computo del termine di 12 mesi – l’articolo 21, comma 01, che disciplina il regime delle proroghe e dei rinnovi “liberi” dalle causali entro i dodici mesi. In altri termini, l’intenzione del legislatore era certamente quella di far rientrare, nell’ambito applicativo della norma sulla franchigia dei dodici mesi, anche le proroghe;

  • ove il legislatore avesse inteso riferirsi soltanto ai rinnovi avrebbe utilizzato tale termine (del resto, reiteratamente presente negli altri commi del decreto Lavoro e della legge di conversione);

3) sotto il profilo dell’apposizione della causale nei primi dodici mesi, la disciplina del termine e dei rinnovi è ormai equiparata e, salvo espresse deroghe, questo principio deve restare fermo;

  • il termine «contratti» può essere inteso nell’accezione dell’articolo 1321 del Codice civile, in cui rientrano gli accordi destinati sia a costituire un nuovo rapporto giuridico (il rinnovo) che a regolare e modificare un rapporto giuridico in atto (la proroga, ossia un patto modificativo del termine finale);
  • significativa è anche la peculiare tecnica utilizzata dal legislatore, che fa riferimento ai «soli» contratti stipulati dal 5 maggio come rilevanti per il computo dei 12 mesi. In altri termini, per tale computo, rileva unicamente quanto è compreso nella norma. In questa prospettiva, affermare che per «contratti» si intendono i soli rinnovi comporterebbe, quale logica conseguenza, che le proroghe di contratti in essere – in quanto escluse dalla norma – non rileverebbero comunque per il computo del termine di 12 mesi.

Da quanto esposto ne consegue che, dal 4 luglio in poi, si può convenire  un Ctd acausale di 12 mesi continuativi, senza tener conto delle utilizzazioni a termine avvenute con lo stesso lavoratore prima del 5 maggio. Ma si può anche prorogare per 12 mesi un Ctd stipulato prima del 5 maggio, sempre che non si eccedano i 24 mesi (si veda più avanti).

Ove, invece, un Ctd stipulato prima del 5 maggio sia stato rinnovato o prorogato con accordo convenuto nel periodo decorrente dal 5 maggio al 4 luglio 2023, il limite dei 12 mesi acausali continua a operare, ma potranno essere esclusi dal computo i soli periodi anteriori all’accordo di rinnovo/proroga successivo al 5 maggio.

In altri termini, le proroghe e i rinnovi intervenuti nel periodo successivo al 5 maggio riducono, per la corrispondente durata, il periodo di 12 mesi, cioè l’area di franchigia della acausalità di proroghe e rinnovi.

Restano comunque gli altri limiti sui quali il decreto Lavoro non interviene e che continuano ad operare anche con riferimento alle proroghe e rinnovi anteriori al 5 maggio (così come a quelli successivi): i 24 mesi (derogabili collettivamente) dell’articolo 19, comma 2, per i rinnovi, mentre per le proroghe il limite dei 24 mesi e delle 4 proroghe (inderogabile) dell’articolo 21, comma 1.

(Autore: AMS)

(Fonte: Il Sole 24Ore)


Ordine dei Consulenti del Lavoro Consiglio Provinciale di Palermo
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