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Pignoramento della pensione e dello stipendio, di cosa si tratta e quali sono limiti e i divieti che pone la legge a questo istituto? Ecco la nostra guida.
Per recuperare il proprio credito, il creditore può scegliere la via del pignoramento della pensione e dello stipendio del proprio debitore. Ciò avviene attraverso il pignoramento dei crediti presso terzi.
Cos’è il pignoramento presso terzi
Il pignoramento di crediti presso terzi consiste nella possibilità per il creditore, di agire sul credito vantato dal debitore nei confronti di un terzo soggetto, estraneo al rapporto.
Nel caso in cui il debitore sia un lavoratore o un pensionato, la legge permette al creditore di bloccare le sue entrate, ovvero permette al creditore il pignoramento della pensione e dello stipendio.
Tuttavia, data la finalità di tali somme, che rappresentano il mezzo di sostentamento per il lavoratore o il pensionato, l’ordinamento pone dei limiti e prevede che le stesse non possano essere pignorate per intero, ma solo in parte.
Pignoramento della pensione e dello stipendio, cos’è?
Il pignoramento dello stipendio
In relazione al pignoramento dello stipendio, in seguito all’emanazione del D.L. 85/15, bisogna distinguere tra l’ipotesi in cui il pignoramento colpisca lo stipendio dopo l’accredito sul conto corrente, rispetto al caso in cui il pignoramento dello stipendio avvenga presso il datore di lavoro.
a) Pignoramento del conto corrente
Quando il creditore aggredisce il conto corrente del debitore sul quale siano depositate somme spettanti a titolo di stipendio bisogna fare attenzione al momento del pignoramento. Infatti, per gli stipendi già depositati sul conto corrente alla data del pignoramento, il creditore potrà pignorare solo l’importo eccedente il triplo dell’assegno sociale, il quale per l’anno in corso è pari ad € 448,52.
Ciò significa che la somma di € 1.345,56 (448,52 x 3), è impignorabile e quindi, il creditore, potrà soddisfarsi solo sulle somme eccedenti tale limite.
Con riguardo agli stipendi accreditati sul conto corrente il giorno del pignoramento o in data successiva, l’importo che potrà essere sottoposto a pignoramento, salvo casi eccezionali, è pari ad 1/5 dell’emolumento.
b) Pignoramento presso il datore di lavoro
Quando invece si agisce direttamente presso il datore di lavoro, quindi prima che lo stipendio venga accreditato sul conto corrente, sarà possibile pignorare un importo non superiore ad 1/5 dell’intero emolumento.
Per esempio: se lo stipendio è pari ad € 1.200,00 il datore di lavoro che si vedrà notificare un atto di pignoramento in qualità di terzo pignorato, dovrà accantonare la somma di € 240,00 a favore del creditore pignorante e versare, al lavoratore, solo la restante parte, pari ad € 960,00.
Il pignoramento della pensione
Anche sul trattamento pensionistico è possibile agire in via esecutiva per il recupero di crediti, nel rispetto dei limiti previsti dalla legge.
L’art. 13 del D.L. 83/15, che ha novellato il codice di procedura civile, stabilisce che:
“le somme da chiunque dovute a titolo di pensione, di indennità che tengono luogo di pensione o di altri assegni di quiescenza, non possono essere pignorate per un ammontare corrispondente alla misura massima mensile dell’assegno sociale, aumentato della metà. La parte eccedente tale ammontare è pignorabile nei limiti previsti dal terzo, quarto e quinto comma nonché dalle speciali disposizioni di legge”.
Ciò significa che la legge individua una parte di pensione assolutamente impignorabile (c.d. minimo vitale impignorabile), che viene quantificato in 1,5 volte l’importo dell’assegno sociale. Per l’anno in corso l’importo dell’assegno sociale è pari ad € 448,07 e quindi, il minimo vitale impignorabile sarà pari ad € 672,10 (448,07 x 1,5). La parte che eccede detto limite potrà essere pignorata per 1/5.
Per esempio: su una pensione di € 1.100,00 euro l’importo che pignorabile è di € 85,58 corrispondente ad un quinto dell’importo eccedente il minimo vitale (1100,00 – 672,10 = 427,90/5 = 85,58).
Pignoramento del conto corrente del pensionato
Diverso è il discorso se il pignoramento della pensione avviene sul conto corrente del pensionato (e quindi non presso l’INPS).
In questo caso bisogna distinguere tra due ipotesi:
se l’accredito è avvenuto prima del pignoramento il minimo vitale impignorabile sarà pari a tre volte l’assegno sociale come per lo stipendio;
qualora invece, l’accredito avviene dopo il pignoramento, il minimo vitale impignorabile è pari all’importo dell’assegno sociale aumentato della metà.
Tutte le pensioni sono pignorabili?
Oltre ai limiti suddetti bisogna precisare che vi sono dei trattamenti, erogati dall’INPS, sui quali la legge vieta qualsiasi azione esecutiva e precisamente i trattamenti assistenziali. Questi, diversamente dalle prestazioni previdenziali, sono giustificate da particolari presupposti legati allo stato di salute del soggetto beneficiario.
In base a tale principio, sono assolutamente impignorabili la pensione di invalidità, l’indennità di accompagnamento, la pensione per i ciechi totali e quella per i sordi.
Tali prestazioni infatti, come confermato anche da una recente sentenza del Tribunale di Padova, hanno la finalità di garantire il minimo vitale e “reintegrare essenziali espressioni di vita menomate dalla malattia” [1].
Tribunale di Padova, Ordinanza del 14.01.2016
TRIBUNALE DI PADOVA Ordinanza 14 gennaio 2016
(Autore: Alessio Caserio)
(Fonte: Lavoro&Diritti)