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Cassazione Tributaria, sentenza del 31 ottobre 2014
Gli atti tributari devono essere comunicati al contribuente nelle forme della notifica degli atti giudiziari. Di conseguenza, nel caso di notifica a mezzo posta,la prova dell’effettiva ricezione dell’atto è data dall’avviso di ricevimento come espressamente stabilisce l’art. 4, comma 3, della L. n. 890/82. Tanto consente di escludere la possibilità di attestare l’avvenuta notifica con documenti che possano ritenersi “equipollenti” all’avviso di ricevimento. In particolare deve escludersi che la “prova legale” della ricezione dell’atto notificato possa essere fornita tramite i dati attinti dai registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria, quali l’Anagrafe tributaria. Ad analoga conclusione deve pervenirsi per l’attestazione rilasciata dall’ufficio postale in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento: l’attestazione non può evidentemente surrogare la forma tipica richiesta dalla legge (avviso di ricevimento).
È quanto ha chiarito la Corte di Cassazione – Sezione Tributaria – con la sentenza n. 23213/14, pubblicata il 31 ottobre.
Con particolare riguardo all’Anagrafe tributaria, gli Ermellini hanno osservato che essa raccoglie e ordina, su scala nazionale, i dati e le notizie risultanti dalle dichiarazioni e dalle denunce presentate agli Uffici dell’Amministrazione finanziaria e dai relativi accertamenti, nonché i dati e le notizie che possono comunque assumere rilevanza ai fini tributari, dati che vengono trasmessi e utilizzati dagli uffici operativi per l’esecuzione delle verifiche e degli accertamenti fiscali.
Pertanto, in considerazione della specifica funzione istruttoria cui è preordinato detto archivio, i dati non hanno efficacia probatoria privilegiata.Infatti, tali dati non si riferiscono ad atti compiuti o fatti accaduti alla presenza di un pubblico ufficiale competente ad attribuire loro efficacia fidefaciente,quanto piuttosto a dati e informazioni provenienti o comunque raccolti da terzi (per esempio invio dei questionari ai contribuenti) e inseriti nell’archivio esclusivamente ai fini dell’ulteriore svolgimento dell’attività e non anche quindi ad altri fini di pubblicità dichiarativa o notizia, o di pubblicità legale. Ragion per cui l’archiviazione nell’anagrafe tributaria delle informazioni non produce alcuna certezza in ordine alla provenienza, alle dichiarazioni o ai fatti in essi rappresentati, non potendo pertanto assurgere il mero estratto dell’archivio informatico dell’anagrafe tributaria a prova -documentale- del dato in esso annotato (per esempio la data di notifica della cartella di pagamento e le date di spedizione e ricezione della “comunicazione di irregolarità” al contribuente).
Ebbene, nel caso di specie questi principi non hanno potuto trovare applicazione. La controversia è scaturita da una cartella di pagamento emessa a seguito di controllo automatizzato ex artt. 36 bis D.P.R. n. 600/73 e 54 bis D.P.R. n. 633/72, avente a oggetto l’irrogazione della sanzione pecuniaria e la liquidazione di interessi moratori in relazione al tardivo versamento delle imposte per l’anno 2002 da parte di una società di capitali.
Il ricorso per cassazione prodotto contro il verdetto della CTR Campania – che aveva confermato la pretesa fiscale in questione -è stato respintoin quanto nel ricorso introduttivo “non è mai stato messo in discussione di aver effettivamente ricevuto la cartella di pagamento”, ma ci si è limitati a contestare la data in cui l’atto era stato consegnato: “infatti la società già con il ricorso introduttivo aveva ‘chiesto l’annullamento della cartella di pagamento n. […] notificata il 23.10.2006 dal Concessionario del Servizio Nazionale di riscossione per la provincia di Napoli’, contestando la diversa data di notifica del 20.10.2006 indicata invece nel tabulato dell’anagrafe tributaria prodotto in giudizio dall’Amministrazione finanziaria”.
Alla contribuente non resta che pagare le spese processuali.
( Fonte: FiscalFocus)