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Il Ministero dello Sviluppo Economico precisa la necessità di corrispondenza univoca tra un indirizzo PEC e l’impresa a cui esso appartiene, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi
Ogni impresa deve possedere un indirizzo PEC esclusivamente riconducibile ad essa. Questo garantisce la certezza di individuare l’effettivo destinatario della comunicazione eventualmente spedita mediante posta elettronica certificata, specialmente in considerazione dell’utilizzo sempre più ampio, dal 2008 ad oggi, del canale PEC per le comunicazioni tra imprese e Pubbliche Amministrazioni.
E’ quanto chiarito dal Ministero dello Sviluppo Economico nella Circolare n. 77684, superando i precedenti orientamenti.
L’obbligo della PEC per tutte le imprese
Per favorire il processo di digitalizzazione del Paese e ridurre i costi amministrativi a carico delle imprese, l’art. 16, commi da 6 a 10, D.L. n. 185/2008, ha introdotto l’obbligo di attivazione e comunicazione della casella PEC per:
• Pubbliche Amministrazioni (dal 29.11.2008);
• professionisti (dal 29.11.2009);
• società (dal 29.11.2011, poi prorogato al 30.06.2012).
In seguito, l’art. 5 del D.L. n. 179/2012 ha esteso l’obbligo di dotarsi di una PEC e di comunicarne l’indirizzo al Registro delle Imprese anche alle imprese individuali a decorrere dal 30.06.2013.
Dal 30.06.2013, quindi, l’obbligo di possedere una PEC riguarda tutte le imprese e le Pubbliche Amministrazioni.
L’estensione dell’obbligo della PEC alle imprese individuali si collega all’istituzione dell’elenco nazionale degli indirizzi PEC (c.d. INI-PEC) cui possono accedere, dal 19.06.2013, le Pubbliche Amministrazioni, i professionisti, le imprese ed i cittadini.
L’esclusività di un indirizzo PEC per ogni impresa
Nella Circolare n. 3645/C del 03.11.2011, il Ministero dello Sviluppo Economico aveva chiarito, con riguardo all’obbligo della PEC per le società, che esse potevano indicare come indirizzo PEC quello dello studio professionale che le assiste negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata.
Tuttavia, con nota n. 53687 del 02.04.2013, lo stesso Ministero ha affermato che, considerato il nuovo quadro normativo vigente, che ricollega l’obbligo della PEC alla iscrizione dell’indirizzo PEC stesso nell’INI-PEC, “è necessario che l’indirizzo PEC sia ricondotto esclusivamente ed unicamente all’imprenditore stesso, senza possibilità di domiciliazione presso soggetti terzi”.
A causa dell’orientamento contrastante dei due chiarimenti, le Camere di Commercio hanno assunto nell’ultimo anno un comportamento disomogeneo.
Dopo alcune richieste di chiarimento, il Ministero ha risposto sciogliendo i dubbi nella Circolare n. 77684, in cui è stato precisato che: “Nel caso in cui… si rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, l’iscrizione di un indirizzo PEC, di cui sia titolare una determinata impresa, sulla posizione di un’altra (o di più altre) – ovvero, comunque, l’iscrizione sulla posizione di un’impresa di un indirizzo PEC che non sia<
Pertanto, ogni società o impresa deve avere un proprio indirizzo PEC utilizzabile e riconducibile esclusivamente ad essa.
Ciò implica che non è più possibile comunicare al Registro delle imprese l’indirizzo PEC di un terzo (ad esempio, quello dello studio professionale che assiste l’impresa negli adempimenti burocratici, oppure quello di un’altra società cui la società sia giuridicamente o economicamente collegata).
Sanzioni
Nel caso in cui la Camera di Commercio rilevi, d’ufficio o su segnalazione di terzi, che lo stesso indirizzo PEC è utilizzato da più imprese, l’ufficio, in primo luogo, intima l’impresa interessata(o le imprese interessate) a sostituire l’indirizzo PEC registrato ma non esclusivo con un indirizzo PEC “proprio”.
In caso di inadempienza, trascorsi:
• 3 mesi per le società (art. 16, comma 6-bis, D.L. n. 185/2008);
• 45 giorni per le imprese individuali (art. 5, comma 2, D.L. n. 179/2012);
la Camera di Commercio avvia la procedura di cancellazione d’ufficio della PEC ai sensi dell’art. 2191 del codice civile e applica la sanzione prevista dall’art. 2630 del codice civile per l’omessa presentazione della domanda di variazione di dati già comunicati, cioè da € 103 a € 1.032.
(fonte Fisco e Tasse)